top of page

 "Pregiudizi e stereotipi" 

A cura di D'Amico Francesco, Torre Alberto e Trapani Daniele

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni pubbliche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Questo è l’articolo 3 della Costituzione italiana che afferma il principio dell’uguaglianza distinguendo un’uguaglianza semplicemente formale da una sostanziale, infatti spesso è difficile realizzare questo principio, molti ostacoli impediscono la fattiva realizzazione di quanto enunciato.
Molte volte gli ostacoli sono di origine culturale causati da pregiudizi e stereotipi.
Un esempio paradossale è quello di una donna paranoica che credeva di essere morta. Nel tentativo di dissuaderla, il suo medico le chiese se un morto potesse sanguinare, lei rispose di no. A questo punto il dottore prese un ago e le fece uscire sangue dal dito. Nonostante questo dato inconfutabile, lei disse: “Non credevo che anche i morti sanguinassero”. 
Questo esempio fa capire che i pregiudizi e/o gli stereotipi sono molto difficili da eliminare e possono essere rimossi solo da noi stessi.
I pregiudizi
I pregiudizi rientrano fra i pensieri umani che alterano il giusto modo di riflettere. La parola pregiudizio esisteva già nell’antica Roma e nel corso del tempo ha assunto significati un po’ diversi. Per gli antichi la parola “praejudicium” significava giudizio precedente, cioè decisioni basate su esperienze anteriori al giudizio stesso.  In una seconda fase pregiudizio significò formulare una considerazione senza un riscontro oggettivo. Ai giorni nostri infine per pregiudizi si intendono tutti i giudizi, buoni o cattivi, che si esprimono senza avere ragioni sufficienti. 
Ma questi pregiudizi come partono dalla nostra mente? Innanzitutto il nostro pensiero è basato su un processo di categorizzazione cioè un processo che ci permette di distinguere un oggetto una persona o una situazione da un’altra. Questo processo di categorizzazione ha cinque caratteristiche importanti:
1: Esso ci permette durante la vita quotidiana di suddividere in categorie i vari fenomeni del giorno e ci fa adattare ad essi. Questo processo non funziona sempre bene poiché alcune volte la nostra mente non riesce ad associare il momento reale alla giusta categoria e questo ci porta a comportarci nel modo migliore possibile che però potrebbe essere quello errato.
2: Questo processo cerca di formare uno schema che sia il più semplice possibile poiché la nostra mente è mossa sempre da un senso di inerzia. Quindi più è semplice lo schema, più lo è dividere i vari fenomeni quotidiani.
3: La categorizzazione ci permette rapidamente di associare un oggetto o un evento alla sua categoria. Questa associazione spesso viene velocizzata tramite certe caratteristiche subito evidenti che ha un oggetto. A questo punto il processo va incontro al pregiudizio poiché molte volte una caratteristica primaria di qualcosa non definisce essa stessa. Ad esempio se vediamo un uccello con delle penne rosse lo consideriamo subito un pettirosso. Quindi questa caratteristica della categorizzazione spesso può condurci in errore e in situazioni sconvenienti.
4: La categoria possiede anche valori affettivi che rimangono sempre gli stessi nel nostro pensiero. La nostra mente è costituita da concetti oggettivi e uguali per tutti ma a questi concetti si aggiungono cariche af
fettive che ci fanno sembrare una cosa più bella di un'altra. Questo vale anche per le etnie e porta alle varie forme di razzismo.

5: Il processo di categorizzazione si basa su ragionamenti più o meno razionali solo che quei ragionamenti razionali sfociano facilmente tanto quanto quelli meno razionali. Ad esempio possiamo pensare che un francese parli meglio la sua lingua che un’altra ma è meno probabile che esso sia magari molto accomodante. Queste teorie sfociano con la stessa facilità ma non tutte sono ugualmente valide.
Queste 5 categorie del processo di categorizzazione operano insieme per catalogare eventi, oggetti o persone ma non operano nello stesso modo con tutte le menti. Ad esempio in alcune persone sono presenti pregiudizi poiché il loro processo porta a mettere in risalto ragionamenti razionali e irrazionali insieme e questo porta a un fine che è diverso da quello di altre persone. Molte volte queste categorie entrano in conflitto con l’evidenza e talvolta le categorie sono molto ostinate anche davanti alla realtà e portano il soggetto a non far cambiare il proprio pensiero per non destrutturare il proprio schema mentale. Un’altra causa che porta allo sviluppo dei pregiudizi è data dalla struttura della personalità. Infatti alcune personalità sono più inclini a giudicare in modo distorto. A questo proposito dopo la persecuzione nei confronti degli ebrei dai nazisti, negli anni '40 si fece uno studio condotto da Theodor Adorno che insieme all’università di Berkeley, afferma che il fenomeno dell’antisemitismo poteva essere riconosciuto da certi atteggiamenti prodotti dal soggetto preso in causa. Alcuni segnali di questa sindrome sono le tendenze antidemocratiche, l’ostilità verso le varie etnie, l’atteggiamento sottomesso nei confronti delle autorità, la scarsa tolleranza e una visione del mondo con contrasti netti. Questi comportamenti, uniti a molti altri, vengono definiti dagli studiosi “personalità autoritaria”. Questa personalità autoritaria scaturisce da problematiche magari vissute durante l’infanzia o l’adolescenza, ad esempio una debolezza del proprio Io e una ricerca di protezione e certezza. La causa può provenire anche dai genitori che hannoutilizzato atteggiamenti punitivi nei confronti del ragazzo.
Dunque queste sono tutte le fasi che possono portare alla nascita di atteggiamenti razzisti, ma non dobbiamo pensare che venga solo dalle menti dell’individuo perché essa è stata trasmessa anche per via educativa nelle scuole, ad esempio durante il periodo nazista i professori tedeschi educavano i ragazzi facendogli credere che loro erano migliori degli ebrei e che questi ultimi fossero la causa del malessere presente in Germania in quel periodo. Potremmo definire quindi il pregiudizio una malattia che può essere trasmessa in larga scala in un’intera società.
Gli stereotipi
La parola stereotipo deriva dal greco stereòs (rigido) e tòpos (impronta). Uno stereotipo è un’opinione esagerata in associazione a una categoria. Il primo a introdurne il concetto fu Walter Lippmann, egli definì gli stereotipi come “immagini nella nostra testa”. Le argomentazioni di Lippmann sono corrette sul piano descrittivo, ma lasciano un po’ a desiderare sotto il punto di vista teorico. Egli confonde lo stereotipo con la  categoria, lo stereotipo infatti è un’idea fissa che accompagna la categoria. Lo stereotipo non è la parte essenziale del concetto, tuttavia esso agisce in modo da impedire un pensiero differenziato in rapporto al concetto stesso. Uno stereotipo non necessariamente è falso. Costruiamo uno stereotipo privo di giustificazione quando esageriamo i fatti: per esempio, gli irlandesi sono probabilmente dediti all’alcool più degli ebrei, ma costruiamo uno stereotipo se ne deduciamo che gli irlandesi sono alcolizzati e gli ebrei non bevono. La gente prevenuta cade facilmente in contraddizioni stereotipe e, pur di giustificare un rifiuto e un’ostilità, si serve indifferentemente di immagini opposte, anche quando la veridicità dell’una dovrebbe escludere la veridicità dell’altra.
La riproduzione degli stereotipi e dei pregiudizi dipende anche dal fatto che, interagendo con gli altri sulla base di certe aspettative, si finisce per fare in modo che essi rispondano a queste aspettative. Questo fenomeno è chiamato “autoadempimento della profezia”. Alcune ricerche hanno dimostrato che in ambito educativo esiste un rapporto tra le aspettative degli insegnanti e il rendimento degli allievi. Spesso da parte degli insegnanti c'è una maggiore attenzione verso gli allievi di cui hanno una buona opinione; gli studenti percepiscono queste aspettative e accrescono il loro impegno, la loro autostima, innalzando il livello dei loro obiettivi di apprendimento. Il contrario accade nella situazione opposta. Quando le aspettative di apprendimento si combinano con quelle di genere, assistiamo spesso a un ulteriore autoadempiersi della profezia, nel caso, per esempio, della presunta inferiorità delle donne in matematica. Lo stesso meccanismo entra in atto con gli stereotipi e i pregiudizi relativi all'età.
Capro espiatorio
Il termine “capro espiatorio” trae origine da un famoso rituale ebraico. Nel giorno dell’Espiazione veniva scelto a sorte un capro a cui venivano  trasferiti simbolicamente i peccati del popolo di Israele,  successivamente il capro  veniva condotto nel deserto e lasciato libero. Dopo tale cerimonia il popolo si sentiva  privo di colpe per un certo tempo. Dai tempi più antichi si è sviluppata l’idea che la colpa e la sfortuna possano essere trasmesse da una persona all’altra.  Noi vediamo in altri la paura, la collera o il piacere che risiedono soprattutto in noi stessi e non siamo noi i responsabili della nostra sfortuna ma gli altri. Il linguaggio comune riconosce questi fatti con le espressioni derivate dal concetto di “capro espiatorio”, molto popolare grazie alla sua facile comprensione in quanto riferibile a una molteplicità di esperienze. Un esempio significativo può essere quello successo a Bologna, una ragazzina di Anzola Emilia, accusa atrocemente un branco di immigrati ,il cui capo sarebbe stato un ventenne marocchino, di stupro collettivo in pieno giorno. Fatto sta che il giorno dopo si è scoperto che non era vero niente. La ragazza dodicenne si è quindi approfittata di un “capro espiatorio” per  dare una colpa agli immigrati che in realtà non avevano.
L' “etichetta” attribuita a una persona o a un gruppo diventa preminente sulle altre caratteristiche e tende ad escludere una classificazione alternativa. Può essere il fattore determinante nella devianza di alcune persone. Questo si verifica soprattutto quando i pregiudizi, gli stereotipi e la "profezia che si autoadempie" si combinano insieme, tanto da formare una miscela esplosiva. 

​

bottom of page